venerdì 27 novembre 2009

BOCUSE D'OR? SI, GRAZIE.


Qualche giorno fa Brescia, poi Milano, Treviso e Venezia. La dura vita di Ospiti A Tavola.
A Milano gran presentazione del Concorso Internazionale Bocuse d'Or. Fianale delle selezioni italiane a Bergamo, all'interno di Cooking Expo nel marzo 2010, e poi tutti a Lione nel 2011.
Coccole "stellari" per i convenuti (e potevamo mancare proprio noi???Naaaaaa) ad opera di Enrico e Roberto Cerea - da Vittorio a Brusaporto BG - orgogliosi detentori della terza stella Michelin.
Vi lasciamo immaginare con tutta la fantasia, e l'invidia, che potete, il caffè di benvenuto e la colazione rinfresco.
Brevemente: piccoli e deliziosi MacVittorio (veramente piccoli e veramente deliziosi), mini toast, crostini con formaggio tiepido e mosto, moscardini con polenta (un-devi-assaggiare), del baccalà mantecato, cotechini e lenticchie, salumi e risotto.
Tutto preparato con gioiosa esperienza e voglia di fare sempre bene.
E' stata una conferenza stampa ad alta densità di chef; ma ne vogliamo parlare perchè sarebbe bello avere un diluvio di candidature. Abbiamo un sacco di talenti nelle cucine della nostra bella penisola e l'auspicio è quello di far emergere visi nuovi, nuove mani che si impegnano su un piatto, nuovi entusiasmi negli occhi di chi vuole seguire e affermare la propria passione.
Un grazie non solo doveroso ma sentito a tutti coloro che hanno reso possibile questa presentazione, perfetti anfitrioni.

venerdì 30 ottobre 2009

A TAVOLA CON...I DIAVOLI ROSSI

A TAVOLA CON...I DIAVOLI ROSSI



Primo pomeriggio, il cielo si fa via via più velato ma il Tornado del Colonnello Francesco Vestito atterra prepotente a salutare il nostro arrivo alla base del 6° Stormo, fiore all’occhiello della nostra Aeronautica Militare.
I Diavoli Rossi del 6° Stormo di Ghedi (BS) ci hanno permesso di visitare la loro base e noi , Ospiti A Tavola con Elena Miano, non potevamo mancare questo appuntamento , per nulla al mondo. L’occasione è stata creata da una banda di amici semplicemente fantastici : Alfio Tornello, Paolo Moschini e il colonnello Sammaciccia. Prima di raccontare com’è un Tornado visto a tu per tu due parole sui Diavoli Rossi.



Il 154° Gruppo (solo in seguito 6° Stormo) viene costituito a Campoformido il 15 gennaio del 1936, da subito impiegato in operazioni nel Mediterraneo è sciolto nel corso della II° guerra mondiale per essere nuovamente ricostituito a Treviso il 1° gennaio 1951; in quello stesso anno la base è trasferita a Ghedi e il gruppo viene equipaggiato con i jet DH 100 “Vampire”, gli F-84G, gli F-104G. Nel 1982 lo stormo riceve il primo Tornado. La storia attuale di questo fantastico gruppo di uomini è fatta di una continua ed intensa attività addestrativa rivolta al mantenimento della prontezza al combattimento. L'addestramento degli equipaggi, piloti e navigatori, si sviluppa attraverso tre fasi: familiarizzazione, conseguimento e mantenimento della «combat readiness». Tutto questo per affrontare nel modo ottimale le difficili missioni in Afghanistan e in Iraq, tanto per citarne un paio. 

Se volete approfondire la materia questi i riferimenti: www.aeronautica.difesa.it

Torniamo al nostro pomeriggio: il Maggiore Nardiello ci accoglie per un primo briefing. La base è un piccolo paese di circa 1.500 persone, dove tutto funziona a cronometro. Arrivando abbiamo visto gli shelter che ospitano i velivoli, disassati tra loro per garantire una maggiore protezione da eventuali attacchi. Il maggiore ci spiega qualcosa sugli armamenti e molto sul duro e continuo addestramento che a tutti viene impartito. Poi andiamo a vederli, i Tornado. Un incontro ravvicinato: non sono grandissimi ma incutono un certo timore. Ci viene spiegato che sono macchine fantastiche e longeve, sottoposte a manutenzione severissima ed ormai equipaggiati con il meglio della tecnologia a disposizione. L’abitacolo è piccolo e scomodo, fatto per pilota e navigatore: un miracolo di organizzazione degli spazi.
L’accoglienza che i nostri militari ci riservano è perfetta: sono gentilissimi ed estremamente disponibili, ci invitano a tornare ancora. E’ un mondo che noi, abituati a vedere tutto questo attraverso il filtro di uno schermo, conosciamo poco o affatto. Ed è un peccato, perché gli uomini che ci hanno accolto nella loro “casa” e che abbiamo incontrato sono anzitutto persone fantastiche, vere, di quelle che quando ci parli ti trasmettono qualcosa. La loro passione, la loro dedizione sono seconde, forse, solo all’entusiasmo con il quale affrontano missioni ben più rischiose del nostro andare in ufficio tutte le mattine; e non lo fanno per sé stessi.

Incontriamo il Comandante della base Colonnello Francesco Vestito: sorridente e con gli occhi vivacissimi ci chiede se l’abbiamo visto atterrare con il suo Tornado, tornava da Gioia del Colle dopo un paio d’ore di volo, molto tranquille.
E mentre stiamo andando a cena al Circolo Ufficiali ci racconta qualcosa delle missioni all’estero e di cosa vuol dire lasciare tutto “in ordine” prima di partire, perché se qualcosa va storto la famiglia possa andare comunque avanti. Pensiamoci la prossima volta che vediamo questi ragazzi al telegiornale.

La cena ci attende nella sala da pranzo del Circolo Ufficiali: bresaola con una crema di formaggio fresco, risotto al taleggio e zucca, brasato al barolo con patate e una crostata alla crema. Tutto buono, preparato e servito con cura. Questo il menù e per una volta, credeteci, non è stato davvero l’aspetto più importante.

Elena Miano
30 ottobre 2009

domenica 26 luglio 2009

MERANO, LE TERME E SANTA VALBURGA


MERANO, LE TERME E SANTA VALBURGA


Eravamo stanchi, molto. Dopo un anno in cui sono successe molte, troppe cose avevamo bisogno di una pausa. E visto che, dopotutto, non smettiamo mai di lavorare, vogliamo raccontarvi come è andata. Siamo partiti in gruppo con gli amici di sempre e, come sempre, li abbiamo coinvolti nelle nostre iniziative. Scelta la meta secondo tre rigidi requisiti: vicinanza, offerta molteplice, relax; fatti i bagagli, partiti per l’Alto Adige. Direzione Merano. Missione ufficiale: provare alcune strutture. Missione ufficiosa: testare le nuove Terme. Cosa possiamo dire di Merano? E’ una cittadina deliziosa dove la tradizionale efficienza dell’ospitalità alto-atesina è ingentilita dalle bellezze della natura, dai curatissimi giardini, dalle architetture moderne che riescono a fondersi perfettamente con le strutture esistenti da secoli. Per fare un giro virtuale di cosa è e cosa offre Merano vi consigliamo di guardare il sito http://www.meranodintorni.com/, lì troverete ogni più piccolo dettaglio. Decidiamo di dividere gruppo ed esperienze: una parte di noi (quella più pigra!!) scenderà all’ Hotel Steigenberger Terme, gli altri decidono di proseguire in direzione Avelengo. Haflinger si trova a circa un quarto d’ora di auto dal centro di Merano, ma appena saliamo ci troviamo subito in un contesto alpino, ottimo punto di partenze per passeggiate e per raggiungere la partenza degli impianti di Merano 2000. L’hotel che scegliamo è il Sonnenheim, come tanti altri a gestione famigliare e con un buon rapporto qualità/prezzo: le camere sono spaziose e pulite, lo spazio wellness è sufficientemente attrezzato e anche la cucina è discretamente curata. Gli spazi comuni all’interno sono decisamente sacrificati, mentre in estate una grande terrazza con panorama sulla valle diventa godibilissima. Il giorno seguente (giornata spettacolare) decidiamo di salire a camminare a Merano 2000 e, con calma seguiamo uno degli innumerevoli sentieri dell’altipiano. I rifugi sono aperti, il panorama è mozzafiato e il percorso decisamente agevole. Gli amici F e E (i pigri giustificati del gruppo) si sono dedicati alla ri-scoperta di Merano e della sua offerta: Castel Tirolo, Castel Trauttmansdorff e il Touriseum (viaggio nella nascita e nello sviluppo del turismo in questa regione), per poi eclissarsi nel “wellness” dell’hotel ( che è un quattro stelle progettato da Matteo Thun, bellissimo, tra l’altro). Il giorno seguente è deciso: una intera giornata alle Terme. Due precisazioni: non esistono problemi per il parcheggio, che è sotterraneo, enorme e convenzionato con le Terme (€ 7 da pagare unitamente all’entrata alle Terme consentono di lasciare l’auto per l’intera giornata); se decidete di soggiornare allo Steingenberger come la coppia nostra amica non avete nemmeno bisogno di uscire perché l’hotel è direttamente collegato al complesso termale tramite un tunnel. E se pensate che le Terme siano una cosa da vecchi siete completamente fuori strada; venite a vedere questo splendido cubo di acciaio e vetro opera di Matteo Thun, dove design, gusto, materiali e competenza nell’offerta si completano per creare una imperdibile atmosfera. Puro benessere alla portata di tutti: 13 piscine all’interno, saline e no, con temperature variabili tra i 18° e i 35°; 12 le piscine all’esterno, in un parco da sogno con un tappetto di erba morbido e perfetto, fontane, lago, campo da beach volley, area bimbi e molto altro. Insomma non manca nulla di ciò che può impegnarvi per una giornata intera. Le saune hanno diverse temperature, il bagno turco e quello agli aromi sono molto belli; quello che abbiamo di gran lunga preferito è il Sanarium una bio-sauna con aromi che è quanto di più rilassante e armonizzante ci possa essere. Il più coraggioso tra noi ha anche provato la doccia scozzese: praticamente un vero e proprio mastello pieno d’acqua “fresca” che ti si scarica addosso quando decidi di tirare la corda! Fantastico!!!Non ci dilunghiamo sulla meraviglia di massaggi e cure cui ci siamo volenterosamente sottoposti perché non vogliamo farvi peccare di invidia, però consigliamo (se siete in coppia ma anche no) i pacchetti con un bagno alla mela, al vino o al siero di latte, seguiti magari da un bel massaggio.....Ognuno di noi ha scelto un trattamento diverso e dobbiamo confessare che tutti ci sono piaciuti. Il personale è gentile e competente e i prodotti ottimi. Vi basti sapere che l’area della spa è di 1.400 mq con 26 stanze, solo per coccolarvi. Dopo una giornata così, prima di andare a cena ci concediamo una birra (Forst ovviamente) e poi via a cena a Castel Fragsburg dove gustare la cucina di Alois Haller si rivela una esperienza notevole per qualità. Qualità a 360°: cucina, ambiente, servizio e atmosfera. Una meraviglia anche il panorama che si gode dalla sala. Il giorno seguente lasciamo gli altri a  proseguire la loro vacanza e noi ci buttiamo alla scoperta della Val d’Ultimo. A Santa Valburga decidiamo di fermarci. I luoghi sono decisamente suggestivi, la natura spettacolare ma... capitiamo in un hotel tre stelle (esattamente nel centro del paese) dove tutto sembra essere lì per caso. Ci spieghiamo meglio: dal gestore (Impiegato? Proprietario?) alla signora in sala per tacere del cuoco in cucina, tutti sembrano aver abbandonato da pochi istanti tutt’altra attività, a cui farebbero bene ritornare nel minor tempo possibile. La struttura in sé non è totalmente negativa ma ci sono aspetti così stridenti da lasciarci con molti dubbi: se la porta si apre automaticamente per farci entrare senza difficoltà anche con bagagli ingombranti ci conduce però in una sorta di locale di disimpegno, la reception è al primo piano nella parte più vecchia mentre le camere sono in quella nuova (che sembra ancora in via di completamento); alla richiesta di avere dei guanciali supplementari la risposta è stata “non so se li ho”. Per contro loe camere sono grandi, le nostre anche con terrazzo, si aprono con la card ma la televisione in camera è grande quanto uno schermo di pc. Esiste uno spazio wellness (definirla area ci sembra troppo ottimistico); non solo non esiste biancheria in dotazione (solo noleggio a €2 cad.) ma non c’è nemmeno uno spogliatoio dove cambiarsi per ritornare in camera. Vogliamo tacere del cibo, abbiamo ricordi migliori della mensa universitaria. L’unica consolazione è che, dopo una colazione sicuramente inferiore ad ogni standard altoatesino, chiediamo il conto e lasciamo l’hotel.
Elena Miano
26 luglio 2009

mercoledì 10 giugno 2009

A TAVOLA CON...VALENTINA TERESKOVA


A TAVOLA CON...VALENTINA TERESKOVA
Ho intervistato Valentina Tereshkova durante una delle sue tante visite a Bergamo.
Il 16 giugno 1963 Valentina Tereškova viene lanciata a bordo di Vostok 6 dalla base di Bajkonur per una missione nello spazio di quasi tre giorni. Valentina ha solo 26 anni e coraggio da vendere. La storia di questa intraprendente cosmonauta comincia con la sua passione per il paracadutismo che inizia a praticare già ventenne. Qualche tempo dopo viene a sapere che la scuola per diventare cosmonauti apre le selezioni anche alle donne. Quando la sua domanda è finalmente accolta, insieme ad altre quattro, ha inizio la sua durissima preparazione, che la vedrà prima donna al mondo a bordo di una navicella. Il seguito è noto, lei stessa lo ha rivelato solo poco tempo fa: fu un volo molto difficile e segnato da momenti che sfiorarono la tragedia. Il suo fisico venne messo a dura prova e l’atterraggio fu tutt’altro che tranquillo e trionfale. Dopo quella incredibile vicenda Valentina continua ad arricchire la propria esperienza continuando a lavorare in stretto contatto con i suoi colleghi, ma collaborando attivamente per l’emancipazione femminile. In seguito viene eletta membro dell’Alto Soviet, diventando presidente del Comitato Donne dell’Unione Sovietica.Stiamo per conoscerla a quarantacinque anni dalla data del volo. E’ qui per le conferenze di BergamoScienza; con la nostra città Valentina ha legami di profonda amicizia che ci consentono di incontrarla in modo assai informale. La vediamo arrivare e subito ci colpisce la fierezza, lo sguardo e la forza che trasmette. Pure allo stesso tempo è gentile e affettuosa con gli amici che oggi sono con lei.La prima tappa della nostra giornata con Valentina è poco fuori Bergamo, da Luca Castelletti dell’Enoteca al Ponte. Si conoscono da tempo e ci fermiamo per un aperitivo. Complice l’ambiente accogliente e l’ottimo vino l’atmosfera si va via via facendo più cordiale e amichevole. Poi al ristorante e piano piano scopriamo una Valentina che, davanti ai piatti preparati dallo staff di Bruno della Caprese di Mozzo, parla fitto fitto con le amiche ritrovate. Un bel sole autunnale ci scalda mentre beviamo il caffè e cominciamo a chiacchierare.Qual’era il suo sogno di bambina?“Ho vissuto un’infanzia poco felice. Era un periodo difficile, duro. Avevamo poco, i bambini allora non giocavano come ora. Vicino alla nostra casa c’era la ferrovia, e dalla finestra guardavo i treni che passavano e andavano chissà dove. Ecco, sognavo di guidare il treno, diventare macchinista e partire per andare anch’io lontano”Quando si dice l’istinto del viaggio e dell’ignoto...e il cibo che la riporta a quel periodo?“ Non avevamo molte risorse. Rivedo però la nonna che cucinava. La nostra cucina era piuttosto semplice, era tempo di guerra. Ma le patate con la panna acida che preparava la mia nonna sono un ricordo nettissimo ed indimenticabile. Mi sembravano buonissime.”Valentina Tereskova ai fornelli?Ride e scuote la testa “ No, non cucino molto, almeno non spesso. Ho davvero poco tempo e a questo pensa mia figlia. Mi piace però assaggiare piatti diversi. Viaggio molto, in tutto il mondo e sono curiosa: provo tante cose, tanti sapori, tanti cibi. E’ sicuramente uno dei modi per conoscere un popolo. Apprezzo la buona cucina.Sappiamo che lei preferisce....“Il pesce. Senza dubbio. Ogni tipo di pesce. Ma lo apprezzo maggiormente se è cucinato in modo semplice, con i sapori e gli aromi che solo voi in Italia riuscite ad avere: i pomodori, basilico le erbe. Una meraviglia. E poi la pasta con il tonno. Magari per voi è una ricetta anche troppo semplice. Quando vengo in Italia mi piace sempre mangiare pesce, anche i crostacei o i frutti di mare. In ogni caso il tipo di cibo è quello.”Lei ha un legame particolare con l’Italia. Come è diventato così forte?“La cultura italiana e quella russa per molti aspetti si assomigliano; il popolo russo e quello italiano hanno caratteristiche simili. Hanno entrambi sensibilità per l’arte e la musica, come dimenticare Pavarotti o Mario Del Monaco? O le bellezze che sono racchiuse in ogni città italiana? Anche il carattere di voi italiani conta, la vostra apertura. E anche la cucina è importante per la conoscenza.”Quello della conoscenza è un tema che Le sta particolarmente a cuore“ Certo. Tengo molte conferenze, ovunque. Incontro molti ragazzi, molti giovani: a tutti dico che è importante uscire, guardarsi intorno. Troppo spesso ci si chiude, bisogna invece andare incontro alle diversità, leggere oltre apparenze. Solo così ci si può reciprocamente arricchire. I giovani, ma anche i meno giovani, occorre che viaggino per allargare la propria conoscenza. Una più ampia visione del mondo si costruisce incontrando nuovi modi di vedere e vivere, sfumando quegli stereotipi preconcetti. Non bisogna mai fermarsi alla prima occhiata.”E chi meglio di Valentina Tereškova può sostenere questa tesi? Questa grande donna che ancora adesso sogna di poter andare su Marte, che viaggia sempre e affronta ogni giorno con uno spirito di ferro ci saluta con un abbraccio e riparte per gli altri mille impegni della giornata. A presto, Valentina!

giovedì 28 maggio 2009

CAPE TOWN - LA PERLA A SEA POINT


CAPE TOWN -  LA PERLA A SEA POINT


Grazie ad un amico lontano solo per questioni chilometriche non certo per affinità elettive, cominciamo il nostro viaggio attraverso i ristoranti che ci piacciono. Ci preme sottolineare che non saranno per forza i più noti, o più belli o dove si mangia meglio in assoluto, semplicemente quelli che per noi hanno una atmosfera, un piatto, un vino da ricordare.

Paul Murray ,docente di storia ,vive e lavora a CapeTown in Sud Africa, è gastronomo colto e curioso, appassionato dell'arte e della cucina italiana; i suoi "Sentieri gastronomici" sono arguti e competenti. Questo è ciò che ci racconta:
"La Rotonda di Beach Road, ed eccoci a Sea Point! Qui la vista è veramente spettacolare. Fissate l’orizzonte oltre la Table Bay e vedete il mare. Giratevi e le montagne sono lì, di fronte a voi. E c’è anche un edificio, caratteristico del panorama di Cape Town, che pare un gigantesco acquario? E’ “La Perla”. Questo ristorante è uno dei locali storici di Cape Town. Poco tempo fa alcuni amici albergatori di Milano sono tornati qui per la ventisettesima volta. Cenre in giro per la città in quelle due settimane è stata un’esperienza indimenticabile e, per la nostra ultima serata insieme, la scelta della signora G. è stata “La Perla”. Quindi Monsignor B., il signore e la signora M. e altri amici, ci siamo ritrovati tutti là: il delizioso antipasto italiano occupava metà della tavola. Cucina italiana per italiani all’estero? Poteva sembrare una proposta priva di senso!E invece no, gesti energici ed espressioni soddisfatte segnalavano una generale approvazione. Non si trattava, infatti, del solito prosciutto crudo più o meno stagionato, ma del vero ed inconfondibile San Daniele! A quel punto, il Commendatore cominciò ad esporre le nobili origini di una delle più grandi prelibatezze del mondo occidentale. La dimensione aulica de “La Perla” svanì e ci ritrovammo tutti in una sala conferenze ad ascoltare la storia del Vescovo di Aquileia che, stabilendo la sua residenza non lontano dal villaggio di San Daniele, chiese ed ottenne che le tasse a lui dovute fossero pagate in prosciutto. Ora come allora la forma del cosciotto è la stessa, quasi una chitarra. Ben presto il prosciutto di San Daniele si affermò come prodotto di gran valore culinario. Il Re d’Ungheria ebbe modo di apprezzarlo, ne ordinò grandi quantità e, volendo garantirne la qualità, fece apporre il marchio che lo avrebbe contraddistinto fino ai giorni nostri. Alla Perla i nostri ospiti italiani sono in ottima compagnia; prima di loro le sale del ristorante hanno ospitato politici e dignitari del Sud Africa passato e presente, cantanti come Sting, dive come Marlene Dietrich e personalità come Christian Barnard. La bella gente di Cape Town arriva fino a qui per i cocktail, per i sigari ed ovviamente per l’ottimo cibo. In questi cinquant’anni il locale non è cambiato molto e, a giudicare dal successo che ha, non cambierà nemmeno in futuro. Il menù, forte di circa duecento piatti tradizionali, è in grado di soddisfare il gusto di chiunque; la sala disposta su vari livelli non ha rivali a Cape Town. L’atmosfera è sottolineata da arredi particolari e dalle originali opere d’arte. La ricca carta dei vini accompagna perfettamente l’offerta di piatti di carne e pesce. Solo un italiano, in questo caso il proprietario, avrebbe potuto concepire così lo spazio, a misura d’uomo. E’ quasi rinascimentale il gusto di creare un luogo confortevole: la libertà di vagare con lo sguardo è ampliata dallo spazio lasciato intorno a te, per farti sentire bene, rilassato, a tuo agio e ispirato. Emiliano Sandri, il titolare originario, ha accuratamente trasmesso la “tradizione La Perla” a Baylon, uno dei suoi due figli, laureato alla Bocconi di Milano. Tutto ciò fa sì che mangiare a “La Perla” diventi un’esperienza notevole, dove Milano e Roma si riconciliano in un luogo in cui ogni sedia è quella di Cesare. Come non sentirsi Cesare stesso quando si cena quassù, magari in compagnia di Cornelia? Se si viene a “La Perla” regolarmente il personale imparerà a conoscere i gusti e le preferenze di ognuno, così il servizio sarà sempre inappuntabile. Lo staff ricorderà l’ultima volta che si è cenato e quali piatti sono stati scelti, dimostrando un’attenzione assolutamente straordinaria nei confronti del cliente. Baylon non si occupa solo de “La Perla”, ma anche di un’azienda vinicola situata nel cuore delle Newlands. Wijnhuis Newlands è la più recente acquisizione di una già considerevole famiglia di ristoranti che comprende, oltre “La Perla” di Sea Point, anche Wijnhuis Stellenbosch; fondato otto anni fa nel cuore della storica cittadina di Stellenbosch, questo locale è gestito da Paolo, fratello di Baylon. A Wijnhuis Newlands i proprietari hanno preferito dare un tocco più famigliare arredando le varie sale con grandi casse e bottiglie di vino, creando uno stile più caratteristico. Del resto le principali aziende vinicole del Sud Africa sono tutte qui. Questo è un locale dove è bello venire per bere e mangiare qualcosa prima o dopo una partita di cricket o di rugby, visto che gli stadi sono ad un tiro di schioppo. Al tempo stesso dal ristorante si ha una vista mozzafiato della Table Mountain, splendido sfondo per esercitare la garbata arte della conversazione, sorseggiando il frutto della vite. In nessun altro luogo suona così appropriato il detto “In vino veritas”; specialmente durante una piovosa giornata, accomodati nelle confortevoli poltrone dell’accogliente biblioteca con il camino acceso. In tutti i tre ristoranti, una famiglia quindi - Wijnhuis Newlands, Wijnhuis Stellenbosch e La Perla – il menu è decisamente italiano, anche se c’è una selezione di piatti internazionali. Il forno a legna sforna pizze particolari, piatti di carne e di pesce. Anche la pasta è servita in modo creativo. A Wijnhuis Newlands lo chef Brian Parker, formatosi negli Stati Uniti e nei migliori hotel del Sud Africa, prepara piatti gustosi come la tagliata con funghi, carciofi e pinoli, uno dei miei preferiti quando ho l’occasione di cenare con l’amico dott. J. H. Un buono shiraz costituisce un perfetto accompagnamento. A Wijnhuis Stellenbosch Paolo unisce all’ottima cucina una gran varietà di spazi per sedersi: affacciati sulla strada, al piano superiore nel gazebo oppure nella sala vera e propria. La ricchezza della storia di Stellenbosch rivive in questo spazio elegante nel centro città, diventato presto il posto dove essere visti, dove mangiare, chiacchierare, leggere o semplicemente stare seduti. Io adoro le mie cene in compagnia dei vecchi amici dell’università, come Etienne, o con la mia figlioccia Kathleen, figlia di Martin, compagno di stanza e di studi. L’amicizia, i pensieri, le sensazioni e le esperienze del periodo universitario continuano a rivivere nelle nostre conversazioni a Wijnhuis Stellenbosch, angolo tra Adringa e Church Street. Le nostre discussioni non sono cambiate molto. Ed in aggiunta a tutto questo il cibo è semplicemente “ da morire”. Così lo ha definito K., con un amico, quando lo zio Paul li ha portati a festeggiare il ventunesimo compleanno, giusto l’altra sera. K. ha perfettamente ragione: la tagliata di manzo giovane, una specialità di tutti e tre i ristoranti, è semplicemente “ da morire”. A Cape Town come a Stellenbosch, la famiglia Sandri ha proposto un nuovo modello di ristorazione imprimendo un alto livello qualitativo in ognuno dei ristoranti, creando una trilogia di locali ciascuno con le proprie caratteristiche. Volendoli definire con un unico nome, suggerirei La Trilogia Italiana; e nonostante ognuno di essi conservi il sapore del proprio luogo, sono tutti sono locali di eccellenza, dove il cibo non solo è ottimo, ma dove mangiare è una esperienza particolarmente piacevole. E dopo tutto, sono tre perle! Ringraziando Paul vorremmo aggiungere che: presso La Perla esiste ora anche una Guest House con una terrazza strepitosa, e questi sono i siti che potete sbirciare per capire meglio di cosa stiamo parlando, magari pensando ai Mondiali....

venerdì 22 maggio 2009

Perchè Ospiti a Tavola?

L'intenzione di Ospiti a Tavola è quella di dare conto dei luoghi che frequentiamo, che ci sono piaciuti, dove abbiamo trovato un'accoglienza che va al di là del rapporto ristoratore/cliente, quelli che sono stati in qualche misura significativi per il tempo che lì abbiamo trascorso o per il legame che si è creato. Non c'è presunzione di giudizio, solo il piacere di condividere con gli amici ciò che a noi è piaciuto. Luoghi quindi, oppure ristoranti o locali o persone che, come sempre, sono le più importanti. Cercheremo, dove e quando possibile, di mostrarvi dove andiamo e cosa gustiamo, così come ci piacerebbe darvi suggerimenti sul mondo dell'ospitalità, a casa e fuori. E accoglieremo con gioia tutto quello che gli amici viaggiatori e golosi avranno voglia di raccontarci attraverso queste pagine. Grazie.

giovedì 21 maggio 2009

Un benvenuto agli amici che visitano questo luogo di incontro e un ringraziamento a tutti coloro che lasceranno commenti e preziosi consigli.